La teoria prevalente è che la fibrosi della tunica albuginea sia conseguenza di un trauma micro-vascolare, o di ripetuti microtraumi, dell’asta del pene, con deformazione dello stesso, che avvengono durante i rapporti sessuali.31 Nonostante ciò, la maggior parte dei pazienti non ricorda che alcun evento traumatico cardine abbia preceduto l’inizio della sintomatologia, portando verso l’ipotesi di numerosi traumi minori. Attualmente la maggior parte degli autori propende per una patogenesi caratterizzata da un’alterazione del processo di riparazione dopo traumi o microtraumi che si sviluppa in individui geneticamente e/o immunologicamente predisposti.32
Il TGF-ß1 è la più importante citochina fibrogenica coinvolta nel processo di fibrosi e di formazione delle placche della tunica albuginea e si crede sia coinvolta nella patogenesi della malattia.33 Vi è frequentemente un’associazione con la presenza di altre malattie caratterizzate da fibrosi (fibromatosi palmare, della fascia plantare del piede, timpanosclerosi), con la malattia di Paget e con la presenza di aplotipo HLA B27 e questo spiegherebbe la predisposizione ad anomalie fibrogeniche.33
In sintesi, la causa di tale patologia potrebbe essere un’alterata risposta infiammatoria a un trauma o ripetuti microtraumi in soggetti geneticamente predisposti.
L'ipotesi traumatica risulta senza dubbio una delle teorie maggiormente condivisa dalla comunità scientifica anche se non sempre risulta confermato dall'anamnesi dei pazienti un trauma maggiore in corrispondenza dell’inizio dei sintomi.
Questa teoria considera la placca fibrosa come l'espressione di una amplificata risposta tissutale, sebbene localizzata, ai microtraumi esercitati sulla tunica albuginea, che non vengono segnalati dal paziente in quanto dovuti a normali rapporti sessuali, questi microtraumi associati ad un alterata riparazione porterebbero alla formazione di una placca fibrotica.
I traumi microvascolari inoltre, secondo questa ipotesi, favorirebbero la deposizione di fibrina che a sua volta stimola la risposta patologica.
Le prime indagini citogenetiche applicate a colture di cellule prelevate dalle placche fibrose di pazienti con IPP risalgono agli anni '70. Furono riscontrate anomalie cromosomiche nel 60% circa dei pazienti analizzati. Le più frequenti anomalie riscontrate sono rappresentate dalle trisomie per i cromosomi n° 7 e 8, sebbene l'alterazione più ricorrente in assoluto sia la perdita del cromosoma Y.
Nella IPP, dunque, caratterizzata da una marcata proliferazione e da una iperattività cellulare, si osserva un quadro cromosomico di instabilità, in cui anomalie clonali sono molto frequenti, anche se il coinvolgimento dei diversi cromosomi, fatta eccezione per il già citato cromosoma Y, appare casuale34
La letteratura inoltre ha dimostrato aumentati livelli di TGF-ß1, principale mediatore fibrogenico della malattia, in campioni bioptici della tunica albuginea di pazienti affetti da IPP.
-Anomalie cromosomiche come la duplicazione dei cromosomi 7 e 8 e la delezione del cromosoma Y 35 sull'espressione della pleiotropica genica36, e il gene del precursore chemiotattico dei monociti della proteina-1 (MCP-1), che recluta e attiva i monociti del sangue periferico e guida anche la cascata infiammatoria e promuove l'ossificazione.37 La regolazione epigenetica da parte degli istoni deacetilasi (HDAC), enzimi che controllano l'equilibrio, sono stati implicati nella patogenesi di molteplici disturbi fibrotici dei reni, della vescica, dei polmoni, del cuore e del fegato38-39, ancora incerto il ruolo nella PD.
In conclusione, dall’analisi dei risultati ottenuti, non si rileva ancora la presenza di una anomalia cromosomica specifica per la Malattia di La Peyronie sebbene questa patologia, come molte altre di natura proliferativa, presenti una elevata frequenza di anomalie citogenetiche.
Le motivazioni che spingono a ricercare un quadro di flogosi immunitaria all'origine dell'IPP risiedono soprattutto nelle evidenti somiglianze del quadro clinico a quello delle malattie autoimmuni del collagene e del connettivo. Caratteristica comune è anzitutto quella di una evoluzione verso la cronicizzazione, interrotta da periodiche riacutizzazioni. Vi è frequentemente un’associazione con la presenza di altre malattie caratterizzate da fibrosi come la fibromatosi palmare (dupuytren), fibrosi della fascia plantare del piede, timpanosclerosi, con la malattia di Paget e con la presenza di aplotipo HLA B27.33
Tra tutte queste teorie, la teoria più accettata è l'aggregazione familiare e la modalità di trasmissione genetica tramite il gruppo di reazione incrociata HLA-B7.40
Willscher et al. avevano precedentemente mostrato un aumento della frequenza del gruppo a reazione incrociata HLA-B7 in pazienti con PD idiopatica rispetto alla popolazione generale41 e Bias et al. in seguito, hanno ampliato i risultati trovati e ha dimostrato che gli antigeni del gruppo a reazione incrociata HLA-B7 erano presenti tra i membri della famiglia di tutte e tre le famiglie affette da PD. A causa del raggruppamento familiare della condizione e degli studi che valutano la mutazione dell'antigene leucocitario umano (HLA-B7), la condizione è saldamente associata sia alla contrattura di Dupuytren che all'antigene leucocitario umano B27-B7.42-43
Alcuni farmaci sono stati oggetto di studio come possibili fattori di insorgenza della degenerazione fibrotica della tunica albuginea.
Tra questi di frequente riscontro sono la carbamazepina e il fenobarbital (utilizzati nella cura dell’epilessia)44
Il TGF-31 è un fattore di crescita solubile sintetizzato da cellule infiammatorie come macrofagi, piastrine e fibroblasti. Una complicata rete di segnalazione di fattori di trascrizione SMAD regola gli effetti profibrotici del TGF-3.
Tale cascata è importante per aumentare la sintesi del tessuto connettivo e l'inibizione dell'enzima collagenasi. È importante sottolineare che il TGE-3 è anche in grado di produrre auto-upregulation che porta a un ciclo continuo di tessuto connettivo e alterazioni fibrotiche anormali, e quindi alla formazione di placca.45
Diversi studi in letteratura si erano concentrati sulla produzione di matrice extracellulare in risposta alla stimolazione da parte del TGF-31 e alla trasformazione dei fibroblasti in miofibroblasti46-49, le placche di Peyronie hanno dimostrato di avere una sovraespressione di TGE-31 senza un successivo aumento di TGF-32 o TGF-33 che suggeriscano il ruolo di TGF-31 nel PD.
Inoltre, la sovraespressione della miostatina, espressa nei miofibroblasti, la cellula che ha un ruolo importante nella fibrosi, è stata trovata nella maggior parte delle placche di PD e stimola la formazione di nuove placche e la stabilizzazione di quelle preesistenti da TGF-3.50
Risulta probabile che il PD derivi da una cascata di eventi multifattoriali nella patogenesi malattia:
microtraumi ripetuti;
deposizione di fibrina
infiammazione con attrazione di macrofagi e fibroblasti
stimolazione del rilascio di citochine, in particolare trasformando il fattore di crescita beta-1 (TGF-b1)
formazione di miofibroblasti (MFB)
produzione di matrice extracellulare (ECM)
contrazione e stabilizzazione
calcificazione
Non è ancora chiaro quali siano i segnali che innescano la cascata e la relazione tra i vari eventi.
Per concludere, sono stati fatti molti progressi per comprendere le cause e i processi della malattia di Peyronie, ma è ancora necessario eseguire ricerche future per fornire una comprensione più completa del panorama dei fattori genetici, ormonali o molecolari responsabili dello sviluppo della malattia di La Peyronie.
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